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Tratto da “Lessico di Psicopatologia” a cura della Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI) edito da Il Pensiero Scientifico Editore, 2010.
L’idea di compilare un lessico di psicopatologia per il clinico è nata da diverse considerazioni.
La prima è che tra gli psichiatri italiani, e non solo italiani, si sta facendo strada da tempo la voglia di conoscere meglio o di riscoprire la psicopatologia. Una voglia che esprime spesso, oltre al desiderio di arricchimento culturale, il bisogno di riaffermare la propria professionalità, emancipandosi da una pratica quotidiana sempre più piatta e demotivante, in cui il vocabolario professionale si è ridotto ad una decina di parole.
La seconda constatazione è che questa voglia di psicopatologia trova oggi poche risposte. Da una parte ci sono i trattati classici, spesso di difficile reperimento, inevitabilmente appesantiti dalla polvere lasciata dal tempo e privi di alcuni capitoli oggi di grande interesse per il clinico. Dall’altra ci sono i lavori recenti, quasi sempre in inglese, in genere sofisticati e di difficile lettura e pubblicati su riviste quasi introvabili (perché le riviste maggiori, quelle più lette, raramente contengono lavori di psicopatologia). Non esiste un trattato o un manuale moderno di psicopatologia in lingua italiana che riproponga i concetti classici e riassuma le nuove acquisizioni e, quand’anche questo trattato o manuale esistesse, il clinico probabilmente non avrebbe il tempo di leggerlo.
La terza considerazione è che oggi esistono in psicopatologia vari orientamenti e diverse scuole, che propongono modelli differenti. Un trattato o un manuale di psicopatologia correrebbe il rischio di risultare unilaterale oppure troppo eterogeneo. Il problema dell’eterogeneità è meno rilevante per un lessico, a cui non si chiede necessariamente di fornire una visione d’insieme coerente.
La quarta constatazione è che la tradizione psicopatologica italiana è molto ricca, ed anche variegata, ma che questa ricchezza è spesso sconosciuta al clinico. Per di più, si tratta di una ricchezza largamente riconducibile a generazioni di studiosi che hanno lasciato o stanno per lasciare la pratica clinica. Far conoscere questa tradizione ai giovani psichiatri è indispensabile, prima che sia troppo tardi e che si venga a creare un gap che non sarà più possibile colmare.
La quinta considerazione è che i nostri attuali sistemi diagnostici sono tanto dettagliati e meticolosi nel delineare le sindromi quanto sono superficiali ed elusivi nel descrivere i sintomi e i segni psicopatologici. Basta leggere il glossario contenuto in alcune pagine alla fine del DSM-IV per rendersene conto. Le poche parole dedicate a sintomi come i deliri e le allucinazioni appaiono non esaurienti o persino confusive.
Ecco dunque i motivi alla base dell’idea di produrre questo lessico, le cui voci sono state affidate a diversi psichiatri e psicologi italiani, nonché ad alcuni esperti stranieri che hanno fornito contributi fondamentali e sono in grado di esporli con chiarezza al clinico.
Dall’Introduzione al volume di Mario Maj, Carlo Maggini e Alberto Siracusano